Archeologia industriale in cemento armato, un patrimonio culturale a rischio

L’importanza della diagnostica preliminare e del monitoraggio per la manutenzione programmata e preventiva

Fasi di costruzione del ponte sul Polcevera (1963/ 1967) (Fonte: Società italiana per le Condotte dell’Acqua)
Fasi di costruzione del ponte sul Polcevera (1963/ 1967) (Fonte: Società italiana per le Condotte dell’Acqua)

Sono centinaia le strutture in conglomerato cementizio armato aventi più di 50 anni di vita, di rilevante interesse storico architettonico, che sono in attesa di cure, di revisioni mirate ai fini della prevenzione e del restauro. Troppo poco è stato fatto in questa direzione sia negli studi e sperimentazioni scientifiche sia nelle opere di manutenzione. Si deve tuttavia osservare quanto sia arduo il compito del restauratore specie nella valutazione periziale post evento per il recupero, lo abbiamo verificato in più occasioni dopo i terremoti e purtroppo si sta confermando questa grande difficoltà dopo i recenti avvenimenti disastrosi che hanno interessato grandi infrastrutture. Complesso è ricostruire l’anamnesi costruttiva in strutture composite al fine di stabilire le cause di un improvviso collasso, come il crollo del ponte sul Polcevera a Genova. Risulta una missione quasi impossibile senza il conforto di studi sui cinematismi del sistema portante condotti preventivamente sulla base di una esauriente diagnostica preliminare. Per la complessa natura tecnologica delle strutture in c.a. precompresso con quegli stralli incamiciati sarebbe stato comunque non agevole, ancor prima del drammatico cedimento, l’accertamento delle reali condizioni di esercizio e dell’usura dei materiali in opera. Una puntuale azione di monitoraggio avrebbe tuttavia potuto avvertire per tempo circa la progressione e l’entità “oggettiva” del rischio, specialmente in relazione alle molteplici concause ambientali determinate al contorno negli anni recenti. Da un lato l’aumento quasi esponenziale dei carichi sopportati dalle strutture rispetto all’epoca di costruzione e ai primi anni di esercizio, dall’altro gli ammaloramenti nascosti che si celano nel c.a. e soprattutto nelle tirantature metalliche precompresse. Situazioni non determinabili a vista senza il supporto di un capillare screening di controllo delle superfici.

Oggi con le esperienze acquisite possiamo tuttavia migliorare la diagnostica preventiva a cominciare da un’attenta perlustrazione delle superfici e della geometria del sistema portante (travature, piloni, stralli, impalcati e così via dicendo), da ripetersi nel tempo al fine di evidenziare l’incipit di ogni manifestazione di decadimento del c.a., in particolare di corrosione ed espulsione dei materiali cooperanti.

 

 

Più in generale possiamo osservare che nessuna struttura in calcestruzzo armato, a maggiore ragione nel c.a. precompresso, può essere realmente valutata in termini, pur relativi, di durabilità temporale. Le singole porzioni, pur integrate in un unico sistema non sono riferibili ad un’unica composizione esecutiva, interagendo tra loro in modo differenziale. Basti pensare al confezionamento del calcestruzzo e alla conduzione in cantiere delle gettate con le variabili attribuibili alla fluidità della malta cementizia e quindi alla tempistica della presa in tempi e temperature non costanti.  Oggi con le esperienze acquisite possiamo tuttavia migliorare la diagnostica preventiva a cominciare da un’attenta perlustrazione delle superfici e della geometria del sistema portante (travature, piloni, stralli, impalcati e così via dicendo), da ripetersi nel tempo al fine di evidenziare l’incipit di ogni manifestazione di decadimento del c.a., in particolare di corrosione ed espulsione dei materiali cooperanti. L’applicazione per lo studio delle superfici in c.a. a faccia vista della diagnostica per immagini (imaging multispettrale) del quadro fessurativo e delle texture potrebbe indirizzare le ricerche sulle patologie nascoste del c.a. sulle cause dovute alla qualità delle gettate, alla distribuzione degli inerti nel calcestruzzo risultanti dalle impronte lasciate dalle casseforme dopo il disarmo, ecc. Dalla diagnostica per immagini (termografica, radiografica, ecc.) e dalle indagini sclerometriche, utili in un primo livello di valutazione per la resistenza sismica, potremmo inoltre ottenere informazioni orientative per condurre campionature (carotaggi) e esami più accurati (ultrasonici, magnetometrici, ecc.) nelle porzioni risultate “difettose” o non del tutto conformi, consapevoli che difficilmente si potranno eseguire scansioni tomografiche estese. Tutte le informazioni, per ottimizzarne la gestione e la fruibilità, possono essere raccolte in database non relazionali georeferenziati predisposti ad hoc ai fini della manutenzione programmata e del restauro. Nell’ottica della conservazione attiva di un tal genere di patrimonio queste azioni limiterebbero i rischi anche in presenza di difetti congeniti e se non tutto potrà essere conservato nelle forme originali, optando per la sostituzione parziale o totale degli elementi strutturali difettosi, sarebbe comunque assicurato un futuro alle testimonianze dell’archeologia industriale, icone nella storia dell’ingegneria moderna.